Come si chiamano le corna del cervo?

Come si chiamano le corna del cervo? Sì, lo sappiamo, è una domanda che non fa dormire la notte! Ne hai già sentito parlare ma non ti sovviene alla mente il nome esatto. Palchetti, palchini, palcucci…fuocherello. 

Visto che l’anatomia del cervo ti incuriosisce così tanto, perché non conoscerlo un po’ più da vicino? Nel Parco Fluviale Novella in Val di Non, il cervo è una specie che conosciamo bene, anche se la sua presenza è molto discreta.

Se proprio vuoi sapere urgentemente come si chiamano le corna del cervo vai alla fine dell’articolo, altrimenti rimani un po’ con noi che ti raccontiamo cosa rende questo animale il più figo del reame. 

 

Specchio delle mie brame, chi è il più bello del reame?

Il cervo (Cervus elaphus come direbbero quelli bravi) appartiene alla famiglia dei cervidi ed è considerato l’unico e vero re dei boschi, il più grande cervide italiano esistente. Viene comunemente chiamato anche “cervo rosso” in virtù del suo bel mantello rosso rame di cui si ricopre in estate. 

Durante gli anni ‘70, il cervo ricompare in Trentino e come habitat prediletto, tra le altre zone, sceglie quella limitrofa al fiume Novella (come dargli torto!). 

Oggi, all’interno del parco lo troviamo principalmente nella zona tra i Mulini di Cloz e il Belvedere anche se risulta molto difficile avvistarlo durante le visite diurne. Il cervo ha infatti  il suo bel caratterino: schivo, prudente, sempre sul chi va là, insomma non si fida di nessuno e vive prevalentemente di notte proprio per non essere disturbato. 

 

Cosa mangia e quando si accoppia il cervo

Il cervo vive molto bene all’interno di aree con una ricca vegetazione erbacea, è infatti molto ghiotto di bacche, frutta e radici. In inverno, si ciba principalmente di gemme, foglie e cortecce provenienti dalle diverse specie arbustive ed arboree. Nel nostro territorio, la presenza del torrente gli rende la vita meno stressante perché può trovare da mangiare molto facilmente, grazie anche ad una vegetazione boschiva molto fitta.

In quanto all’amore, il cervo cerca la sua dolce metà nei mesi di settembre ed ottobre, periodo in cui avvengono gli accoppiamenti. A proposito, sai quanto tempo ci mette un piccolo cervo a vedere la luce? La gestazione dura circa 33-34 settimane. Il momento del parto è molto speciale per la femmina, che si isola totalmente dal branco per mettere al mondo la sua prole, lontana da occhi indiscreti! 

Se vuoi distinguere un maschio dalla femmina devi sapere che i maschi hanno una struttura massiccia e imponente, con una “giogaia” fatta di peli più grossi e lunghi nella parte inferiore del collo e dalle famose “corna” (tra poco ne parliamo meglio, pazienta ancora un po’); le femmine invece sono più esili e snelle, con una struttura più simile a quella del capriolo.

 

Insomma, come si chiamano le corna del cervo e come sono fatte?

Ok. Adesso possiamo svelarlo. È molto comune usare la denominazione “corna” ma in realtà quelli che il cervo possiede sono correttamente detti palchi, che variano di forma e dimensioni a seconda della genetica, dell’età e della salute dell’animale. 

Corna del cervoLa base dei palchi è costituita da stanghe che si appoggiano sul prolungamento dell’osso frontale permanente, lo stelo.

Nella parte più vicina al capo troviamo il pugnale, seguito dall’ago e dal mediano. Nella parte più alta è presente la cosiddetta forca (se le punte sono solo due) mentre parliamo di corna se le punte sono più di due.

I palchi hanno cicli annuali di caduta e ricrescita. I primi palchi tendono ad essere abbastanza lineari e a forma di fuso, anche se nelle nostre zone si possono incontrare esemplari giovani con già qualche ramificazione. A partire dal secondo palco in poi, le ramificazioni aumentano e si fortificano, tornando poi a regredire dall’ottavo-nono anno quando il cervo inizia ad invecchiare.

I cervi si muovono in piccoli branchi di tre-quattro individui fino ad un massimo di quindici. Come già detto, non è facile avvistarli durante le escursioni all’interno del Parco, ma si possono seguire indirettamente attraverso i segnali che lasciano dietro di sé, come orme, fatte, brucature, scortecciamenti e i suoi tipici richiami. 

 

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